In occasione della giornata contro la violenza sulle donne, in occasione di uno dei tanti anniversari che hanno segnato e ridisegnato la nostra cronaca, quello di Giulia Cecchetin, nella giornata che vuole l’impegno affinché si arrivi a trovare una soluzione definitiva alla tanta violenza che ancora subiscono le donne, vorrei spendere alcuneparole che sempre più, soprattutto grazie al lavoro che svolgo con le coppie, le famiglie ei giovani, sento il bisogno di scrivere.
Perché Giulia ha ridisegnato la nostra cronaca?
Perché ci ha mostrato che tra i più efferati degli assassini può esserci anche un ragazzo normale e perché sua sorella ha gridato ai microfoni la grande colpa del patriarcato, causa e movente di tali efferati azioni.
A un anno di distanza, mi viene da contraddire queste affermazioni, pur rispettando e ringraziando Elena Cecchettin per aver smosso se non altro le coscienze, non temendo la scomodità delle sue affermazioni.
Perché?
Perché non è stato un padre ad ammazzare Giulia, anzi, Gino Cecchettin (padre di Giulia) è forse tra le persone che più rispettiamo e che più sta dando prova di grande valore, animo e regalità.
Perché nella stragrande maggioranza dei casi non sono 'figlie' le donne uccise, ma sono 'compagne'.
Perché sono uomini, mariti e compagni ad uccidere le donne.
Il patriarcato è un termine che indica una struttura sociale che fa capo al pater familias che incarna e detta legge, che protegge un nucleo in cambio del rispetto della sua regola. Un status che è scomparso in Italia oramai, direi, dal secondo dopoguerra, quando il maschile è stato decimato e la sua presenza, anche nel ruolo, drasticamente confinata.
Quello che sta imperversando ai tempi nostri è puro maschilismo.
Ma chi nutre il maschio, vi chiedo?
Ritengo che l’Italia sia tra le società matriarcali per eccellenza.
Seppur poco nominata nei libri di mitologia, bisogna ricordare che tra le dee più potenti dell’antica Grecia e dell'antica Roma, forse la più potente, ci fosse proprio la Dea Estia (Vesta per i romani), la Dea del focolare domestico, la dea che incarnava il centro della casa, il luogo di raccolta dei membri della famiglia, la Dea (o donna) che manteneva il fuoco acceso… eternamente.
La stessa religione Cristiana, di cui l’Italia è culla, è forse tra le tre religioni monoteistiche quella che, seppur sempre in maniera velata, trova nelle donne figure determinanti e rivoluzionare: Eva che offre il frutto del sapere al suo amato, Maria madre centrale amata da un uomo che cresce un figlio non suo, Maria Maddalena, prostituta, la più grande seguace di Cristo.
Potremmo continuare all’infinito ma non essendo io una teologa, vorrei solo porre l’accento su quanto la madre sia centrale nella nostra cultura e su quanto sia determinante nella crescita e nella formazione di un uomo.
E mai come oggi, quando sempre più madri sono sole a crescere i propri figli, ritrovandosi ad essere sempre più determinanti.
Perché il maschilismo non lo agiscono solo gli uomini ma anche le donne.
Le madri hanno un ruolo fondamentale nell’insegnare il rispetto della donna non solo ai loro figli maschi, ma anche, e soprattutto, alle loro figlie femmine: il rispetto per se stesse.
Nel tempo, si è andata configurando una educazione della donna secondo la quale, a livello affettivo, le si insegna ad accettare di rinunciare a se stessa a favore dei figli (sennò non è una buona madre) e del marito (sennò non è una buona moglie), ad essere trasparente (sennò non è onesta), ad essere sempre disponibile (sennò è egoista)e a dimostrare a livello sociale e lavorativo sempre qualcosa in più (sennò è una fallita).
E questo non le è riflesso solo dagli uomini, ma anche dalle donne.
Nel tempo si è andata configurando un educazione affettiva dell’uomo all’insegna della disponibilità simbiotica di una madre, ovvero il ragazzo, il maschio, avendo avuto l’amore di una madre che per lui si è negata, concedendogli ogni cosa, facendolo sentire perfetto e riversando in lui tutte le sue speranze, impara a livello affettivo a desiderare questo dalla donna di cui si innamora.
E se poi non accade la rabbia del rifiuto e dell’abbandono diventa insostenibile, perché nessuna madre gli ha insegnato che può essere abbandonato.
Dunque è il matriarcato la causa della violenza?
Certo che no, direi piuttosto che alla base della violenza di genere vi sia una profonda crisi sociale che vede coinvolti nel dramma entrambi i generi e i ruoli e che esige nello stabilirsi di un loro nuovo equilibrio la risoluzione della cronaca.
Cito le parole di un mio monologo di qualche mese fa:
'Una Rana non teme alcun Dio, un esercito di rane può fermare la violenza':
1.
Sara ha denunciato, ce l’ha fatta!!
Una mattina, mentre lui dormiva ubriaco, ha preso in braccio la sua bambina ed è uscita di casa. Ha lasciato sua figlia da un’amica, giusto il tempo di andare a denunciarlo.
Lei ha denunciato, ce l’ha fatta.
E ha continuato, fino a mandarlo in carcere. La picchiava, la violentava.
Sara ha denunciato, si ce l’ha fatta… e poi?
E poi si è rifugiata dalla madre, ma la madre l’ha cacciata di casa perché non ritirava la denuncia. Ha cacciato di casa lei e la sua bambina. Per un po' hanno dormito inmacchina.
Lei ha denunciato ce l’ha fatta… sì ma poi?
La suocera ha iniziato a minacciarla: “lo facciamo uscire presto dal carcere, ti prendiamo tua figlia e poi per te sarà la fine”.
Lei ha denunciato, ce l’ha fatta… sì ma poi?
UNA giudice NON le ha dato (le ha tolto) la patria potestà su sua figlia.
Non può andarsene, non può fuggire da quest’orrore.
2.
Sono circa 1 milione e 500 mila le donne che subiscono violenza.
Circa 20 mila denunciano.
Quante ne escono… vive o morte?
Di quelle morte, una donna su 7 aveva denunciato il suo assassino.
Le altre…?
Come si combatte la Violenza di Genere?
La violenza sulle donne, perché si è donne?
Si combatte parlandone?
Quelle donne che già subiscono violenza possono davvero denunciare?
Si combatte parlandone, creando i cattivi o il cattivo?
Si combatte educando gli uomini o criticandoli? Criticando il patriarcato?
Si combatte parlandone, convincendo le donne a denunciare?
3.
Molte volte, anche nei luoghi di lavoro, le donne non si supportano.
Il mobbing si nutre di una donna che NON aiuta un’altra donna, anzi entra in competizione
con lei per privilegi che concede un uomo.
Dove si combatte la Violenza di genere?
Si combatte partendo dalle donne per le donne.
Le donne che subiscono violenza NON possono denunciare!
Ma le donne che sono intorno a queste donne, sì. Possono aiutarle, possono denunciare, possono proteggerle. Essere donne per le donne.
Dove si combatte la Violenza di genere?
Si combatte partendo dalle donne, ed essendo donne per gli uomini.
Al mondo ci sono uomini terribili che fanno cose terribili, e ci sono uomini meravigliosi che fanno cose meravigliose, e questi hanno in comune una cosa, entrambi sono figli di donne e di entrambi in qualche modo siamo madri, compagne, amiche.
Dobbiamo partire dal nostro modo di essere madri, non solo essendo madri di uomini, ma essendo prima di tutto donne per gli uomini.
Gli uomini amano sulla base di come sono stati amati…dalla loro madre.
Amiamo allora i nostri uomini prima come donne: insegniamogli, come madri ad esempio, che non saremo sempre a loro disposizione, perché nessun'altra donna lo sarà e così non lo pretenderanno.
Portiamo gli uomini a pensare o credere che l’altra donna, ogni altra donna valga quanto la propria madre… educhiamoli ad amarla come sono stati amati, perché solo in virtù di questo esempio sapranno amare senza negare, creando non distruggendo.
Ma… per insegnare questo amore, cara madre, devi amare quel figlio e uomo di un amore libero, talmente libero da amare un’altra donna,
talmente libero da lasciarti,
Talmente libero da insegnargli così ad essere lasciato!!
(Se permetterete ai vostri figli di lasciarvi gli insegnerete ad essere lasciarti)
Riusciremo allora a prendere per mano una donna che subisce violenza, a dirle che non è più sola, che dietro di lei vi è un esercito di uomini e donne pronte ad aiutarla, ad avere il coraggio di dirle che non deve più temere, e che, si, qualcuno ha sbagliato, anche quella madre ha sbagliato e quella società perché non ha protetto, non ha insegnato ad amare senza possedere…Ma che l’errore si può riparare senza dover ammazzare.
4.
Si racconta che centinaia di anni fa, una giovane e fervente fanciulla di nome Lisistrata, in Grecia convinse tutte le donne della sua città ad allearsi.
Pensate… sapete per fare cosa?
Per porre fine ad una guerra.
E sapete come?
Pattuendo di non offrire più le loro grazie ai propri mariti fino a che non avessero smesso di combattere.
Ebbene tale durissima posizione che tutte insieme, tutte insieme le donne assunseropose fine ad una guerra decennale.
Insieme si può vincere una guerra.
5.
Oggi Sara cammina per strada sicura.
LA sua avvocato le permette di crescere sua figlia lontano da quella violenza
UN giudice giusto le permette di essere libera.
Oggi Sara cammina per strada sicura, per mano alla sua bambina.
UNA brava terapeuta le aiuta a voltare pagina.
UN buon amico protegge il loro futuro.
Oggi Sara cammina per strada sicura, sorridendo a testa alta.
Ha un vestito rosso.
Segno non più del sangue ma dell’amore e della libertà.

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